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Quanto sono umani i nostri modelli?

Jun 07, 2023Jun 07, 2023

Nature Reviews Bioingegneria volume 1, pagina 537 (2023) Citare questo articolo

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I modelli in vitro basati sull’uomo, come gli organoidi e gli organi su chip, potrebbero avere il potenziale per sostituire alcuni modelli animali nella ricerca preclinica. Ma quanto “umano” è necessario in questi modelli?

I modelli animali non vengono solo utilizzati di routine nella ricerca biomedica per studiare i meccanismi fondamentali, ma sono anche al centro di molti protocolli di test preclinici per farmaci, dispositivi medici o terapie di riparazione e sostituzione dei tessuti. Tuttavia, dato l’elevato numero di farmaci che falliscono negli studi clinici, nonostante abbiano superato i test preclinici sugli animali, la rilevanza dei modelli animali di piccola taglia nella ricerca preclinica è stata messa in dubbio. Nonostante le preoccupazioni etiche derivanti dallo sfruttamento di centinaia di migliaia di animali, a volte progettati con modelli di malattie discutibili che poco assomigliano alle condizioni umane (anche se il potere statistico rimane scarso in molti studi sugli animali, ma questa è un’altra storia).

Dunque quali sono le alternative? La verità è che per molto tempo non è esistita una reale alternativa ai modelli animali. La coltura cellulare 2D, in particolare con cellule derivate dal paziente, può fornire alcune informazioni di base sulle risposte cellulari ai trattamenti o a determinate condizioni; tuttavia, le risposte cellulari differiscono notevolmente tra i modelli 2D e i tessuti dinamici 3D in un corpo vivente. Inoltre, l’interazione tra i molti diversi tipi di cellule del nostro corpo e il loro microambiente non può essere ricapitolata in una capsula di Petri. Il percorso più ovvio è quindi quello di passare al 3D e includere più attori – ed è qui che entra in gioco la bioingegneria.

Attualmente sono in fase di sviluppo una varietà di modelli di malattie bioingegnerizzate rilevanti per l’uomo con un elevato mimetismo clinico, tra cui organoidi, sistemi microfisiologici, organi su chip e piattaforme stampate in 3D, che possono anche essere combinati per imitare le interazioni di più tessuti. È importante sottolineare che consentono la lettura e l'imaging in tempo reale, il che rimane impegnativo nei modelli animali. Inoltre, molti limiti iniziali di queste piattaforme, come la mancanza di vascolarizzazione e il coinvolgimento del sistema immunitario, vengono sempre più affrontati.

Sono ora disponibili in commercio anche varie piattaforme organ-on-chip, che forniscono un livello sostanziale di robustezza e usabilità. Tuttavia, tali modelli potrebbero non avere la complessità necessaria per il loro utilizzo come piattaforma predittiva. Al contrario, i sistemi autoprodotti possono essere meno robusti e standardizzati, ma consentono la progettazione di modelli personalizzati e complessi, necessari per la modellizzazione delle malattie umane. Ad esempio, è possibile progettare modelli per diverse fisiopatologie di un dato organo, come la fibrosi polmonare1 e l'edema polmonare2.

È incoraggiante, come scrivono Sarah Hedtrich e colleghi in questo numero, che diversi studi clinici stiano esplorando gli organoidi tumorali derivati ​​dai pazienti per guidare le decisioni terapeutiche, e modelli in vitro rilevanti per l’uomo si stanno facendo strada nello screening preclinico dei farmaci3. Inoltre, il recente FDA Modernization Act 2.0, che ha ampliato la portata dei modelli cellulari accettati nei test preclinici, potrebbe accelerare ulteriormente lo sviluppo e l’adattamento di tali modelli.

Tuttavia, non esiste (ancora) un modello in vitro che possa sostituire un intero essere umano, e potrebbe essere molto chiedere a un ricercatore che lavora su una malattia specifica di sviluppare prima l’organoide o l’organo su chip appropriato. Si potrebbe tuttavia sostenere che potrebbe essere necessario più o meno lo stesso tempo per sviluppare un modello animale specifico per la malattia (e imparare a lavorarci) come modello in vitro della stessa malattia rilevante per l’uomo.

Un sondaggio condotto tra scienziati4 che non utilizzano piattaforme organ-on-chip ha rivelato che la mancanza di sistemi e strutture di produzione pronti all’uso, nonché elevate barriere e costi all’ingresso, sono le ragioni principali per non utilizzare queste piattaforme. Inoltre, considerando la complessità di alcune delle nuove modalità di trattamento bioingegnerizzate più promettenti, come le immunoterapie, i vaccini basati su nanomateriali e le interfacce cervello-macchina, i modelli animali potrebbero, per ora, essere indispensabili, ad esempio, per studiare complessi sistemi multi-organo. risposte immunitarie adattative o meccanismi neurologici.